PresentazioneNel 2001 la Regione Toscana ha affidato alla Fondazione Mondadori la realizzazione del Censimento degli Archivi e delle Biblioteche storiche degli editori librari presenti nel territorio regionale. L’iniziativa, realizzata in collaborazione con il Ministero per i beni e le attività culturali e l’Associazione italiana editori, rappresenta una tappa significativa del progetto di salvaguardia della memoria del lavoro editoriale, che vede impegnata la Fondazione nell’intero territorio nazionale da diversi anni. Si è trattato di una importante occasione per
approfondire la conoscenza dell’editoria in Toscana e sensibilizzare, al
tempo stesso, gli operatori del settore alla conservazione della propria
memoria storica e a favorire la ricerca e la consultazione delle fonti da
parte degli studiosi. L’editoria toscana, specie quella libraria, ha una
gloriosa tradizione che risale alle origini della stampa e i libri da essa
prodotti costituiscono un patrimonio di cultura che caratterizza la Regione.
La storia dell’editoria è una delle parti costitutive della storia della
cultura e, per molti versi, senza fare una storia dell’editoria degli ultimi
due secoli non è possibile delineare compiutamente la storia culturale della
Toscana. La rilevazione è partita dai dati contenuti nel Catalogo
degli editori italiani (edizione 2001) e si è via via precisata nel corso del
lavoro. Il Censimento si è rivolto a tutti i soggetti che pubblicano libri,
non solo alle imprese dunque ma anche ad enti pubblici e privati, ad
associazioni e cooperative. Sono stati individuati e contattati oltre 320
“editori” e di questi oltre 140 hanno risposto ai questionari e accettato
le interviste e i sopralluoghi. L’iniziativa è stata accolta positivamente: hanno dato
la loro disponibilità anche alcune case editrici che, purtroppo, hanno
cessato l’attività durante la realizzazione del progetto. Per molte case editrici si è trattato
del primo contatto con le istituzioni pubbliche e gli editori hanno manifestato
un’unanime richiesta di maggiore attenzione da parte degli enti pubblici nei
confronti dell’editoria per favorire l’innovazione e la crescita del settore. Secondo le statistiche ufficiali, la Toscana è la terza
regione italiana per numero di editori e la quinta per numero di titoli e di
copie prodotti. Il mercato è polarizzato fra un ristretto gruppo di medie e
grandi aziende e un largo numero di micro e piccole imprese, localizzate in
gran parte nelle province di Firenze e di Pisa. Belforte, D’Anna, Giunti, Le
Monnier, Nistri Lischi, La Nuova Italia, Olschki, Pacini, Sandron, sono nomi
gloriosi dell’editoria italiana, case editrici con una storia secolare e
un’attività che ha raggiunto posizioni di primato sul piano nazionale, specie
nel settore dello scolastico, dell’editoria di cultura e del libro per la
edioria per l’infanzia e i ragazzi. Negli ultimi anni dei profondi
cambiamenti hanno interessato gli assetti societari di storiche case editrici
fiorentine. Aziende che erano nate nella città, in simbiosi con la sua
evoluzione culturale e storica, sono state rilevate da grandi gruppi
editoriali: La Nuova Italia e la Sansoni sono state acquistate dal gruppo
Rizzoli, la Salani, dopo il rischio di chiusura, si è trasferita a Milano e
la Le Monnier è stata ceduta dalla famiglia Paoletti alla Mondadori, che l’ha
inserita nella Elemond. Un processo di concentrazione che, se da un lato è
stato vissuto con timori, dall’altro ha consentito la prosecuzione di una
grande editoria di qualità per la formazione delle generazioni future. Accanto ai grandi nomi, il panorama editoriale toscano
si caratterizza per la presenza di micro e piccole case editrici con una
produzione rivolta a nicchie di mercato, al recupero della memoria del
territorio, alla valorizzazione del patrimonio artistico, a dar voce a studi e
pensieri di circuiti locali. Si tratta di un vasto tessuto di imprese con
elevata flessibilità organizzativa, che mantengono al proprio interno solo
l’attività strettamente editoriale e decentrano tutte le altre fasi di
produzione e confezionamento del libro. La quasi totalità ha adottato sistemi
editoriali basati su tecnologie informatiche che consentono, rispetto alle
tradizionali tecniche di redazione e di composizione, la velocizzazione del
lavoro, la riduzione dei costi di produzione e la riqualificazione della
produzione editoriale. Non mancano, inoltre, le aziende tipografiche che
affiancano all’attività per conto terzi una produzione editoriale propria,
proseguendo una consolidata tradizione regionale che ha visto crescere in
tipografia l’editoria più attenta alle trasformazioni culturali e ai
mutamenti della società. Felice Le Monnier, Gaspero Barbèra, Attilio
Vallecchi, crebbero e impararono il “mestiere” in tipografia e nelle loro
grandi aziende tipografiche fecero scaturire le grandi attività editoriali
che tutti conosciamo. Tra le tante tipografie ricordiamo la Giuntina, la
Giusti e Becocci, la Calosci, la Martinelli, la Pacini di Pisa erede della
storica Mariotti, la Debatte di Livorno, la Polistampa, le Edizioni del
Leccio, la Libreria dell’Orso. Anche in questo settore, si sono verificati negli ultimi
tempi casi di acquisizione di aziende tipografico-editrici da parte di gruppi
editoriali non toscani, come nel caso di Nardini entrata a far parte della
Franco Cosimo Panini di Modena. Al di là delle cifre, la raccolta delle informazioni
tramite i questionari e le visite effettuate in loco ci hanno consentito di entrare in contatto con un mondo
attivo e vitale. Come nel passato, la figura dell’editore ne è al centro. La
lettura delle brevi storie delle aziende delineate nei questionari evidenzia
il ruolo decisivo di singoli personaggi per l’attività delle case editrici
toscane: Alberti, Baroni, Cantagalli, Centro Di, Chegai, Ibiskos, Lalli,
Morgana edizioni, ne sono solo alcuni casi. Anche la consistenza presenza di
imprese aventi la forma giuridica di ditte individuali, molte delle quali di
recentissima costituzione, ci sembra indice della volontà di qualificarsi
come soggetti editoriali di specifici settori di mercato. La specializzazione dell’attività, come emerge
dall’indagine, non si rivolge solamente ai comparti dell’editoria scolastica
e di cultura legata al mondo dell’Università, nei quali la Toscana ha
detenuto a lungo posizioni di primato con Barbéra, Sansoni, Le Monnier,
Bemporad, Olschki, Nistri e Lischi, La Nuova Italia e il trasferimento di
case famose come D’Anna e Sandron. Un’editoria tradizionale continuata oggi
da Alinea, Casalini, Edizioni All’ Insegna del Giglio, Edizioni Cultura della
pace, Le Lettere, Società editrice fiorentina, ma anche dalle Fondazioni e
dalle Istituzioni immessesi nel panorama editoriale come la Sismel Edizioni
del Galluzzo, la Florence University Press, l’Accademia della Crusca,
l’Accademia dei fisiocritici, la Società Botanica, la Primula Multimedia ed altre. Le case editrici di più recente costituzione hanno, in
prevalenza, scelto di rivolgere la propria produzione editoriale a temi
legati alla riscoperta e valorizzazione del territorio, come nel caso di
Betti, Medicea e Pugliese, o a segmenti di mercato. Solo per citare qualche
esempio tra i tanti possibili si possono indicare, Bonechi per il turismo,
Sillabe per il patrimonio artistico, Infomedia per i programmatori e gli
sviluppatori di software. Il permanere di una vitale “cultura artigianale” del
fare i libri, come esercizio di un attività fatta con maestria e accorta
valutazione delle possibilità di vendita, è confermato dalla diffusa
sensibilità degli editori nei confronti della propria produzione e
dall’accurata conservazione dei prodotti editoriali realizzati. Il tessuto editoriale che emerge
mostra un notevole dinamismo e una consapevolezza del “mestiere”, che
incontra, però, sempre più difficoltà nella fase di distribuzione del libro e
nell’allargare la platea dei propri lettori. Un’istanza che si affianca alla
generale richiesta di tutto il mondo editoriale di un maggiore sostegno
pubblico alla diffusione del libro che lo veicoli anche a quella metà della
popolazione che non accede normalmente alla lettura e all’approfondimento
dell’informazione, e che presenti la pluralità delle idee e della produzione,
degli autori e degli attori di questo vasto mercato. Tutti gli editori, abbiamo potuto riscontrare,
conservano i libri e le riviste da loro editi, gli raccolgono in librerie,
sale e, talvolta, in vere e proprie biblioteche da mostrare con orgoglio al
visitatore come risultato tangibile della propria attività. L’“archivio del
prodotto editoriale” è, dunque, generalmente curato e rappresentativo, anche
se ciò non implica l’allestimento di una sede dedicata alla conservazione, di
una vera e propria Biblioteca storica, né la redazione di cataloghi storici
delle edizioni quale testimonianza della continuità della casa editrice.
Spiccano, in ogni modo, alcuni esempi di particolare attenzione verso la propria
storia come quella di Alessandro Olschki, curatore e animatore delle numerose
pubblicazioni sulla casa editrice familiare e editore dell’annuale Catalogo perenne, l’Archivio e la
Biblioteca storica realizzati da Sergio Giunti all’interno del gruppo che
raccoglie la documentazione relativa alle case Paggi, Bemporad, Marzocco,
Martello e Barbéra, gli studi effettuati su La Nuova Italia e la Le Monnier
sostenuti dai vecchi proprietari e le loro imponenti biblioteche storiche
tuttora conservate. La situazione è meno positiva per quanto riguarda la
conservazione e la classificazione dei documenti prodotti nel corso
dell’attività. Nella quasi totalità dei casi non esiste un ufficio incaricato
della gestione dell’archivio corrente dotato di idonei strumenti (protocollo,
titolario, etc.), l’archivio di deposito non è quasi mai realizzato, le serie
storiche sono costituite da fascicoli che riuniscono i materiali non
sottoposti allo scarto una volta realizzato il prodotto editoriale. I sistemi
di archiviazione sono molto variegati, secondo le possibilità e le
sensibilità di ogni azienda; stenta, soprattutto, ad affermarsi la
convinzione che i documenti costituiscano la memoria del lavoro editoriale e
una possibile fonte storica, non solamente una “grande quantità di carta che
occupa molto spazio”. Analoghi problemi si riscontrano nella conservazione
dei documenti elettronici, in particolare dei testi degli autori in formato
digitale e della corrispondenza scambiata per posta elettronica, che solo
raramente sono stampati e/o memorizzati su supporti magnetici. La gestione
dei flussi documentari correnti è regolata internamente secondo modalità
empiriche, senza il ricorso a metodologie di record management anche in quei casi in cui l’organizzazione del
lavoro editoriale è fortemente caratterizzata dal ricorso a tecnologie
informatiche. A livello regionale solo le aziende del gruppo Rizzoli, La
Nuova Italia e la Sansoni per la scuola, hanno da poco avviato un progetto di
controllo dell’attività, secondo le procedure certificate ISO 9001, allo
scopo di riunire in un unico fascicolo elettronico tutta la documentazione
informatizzata attinente a ogni singolo prodotto editoriale e ne hanno
iniziato il sistematico salvataggio dei dati. Anche alcune piccole e medie
aziende hanno adottato proprie soluzioni per la sistematizzazione e la
salvaguardia dei flussi informativi e documentari elettronici, sulla base di
procedure non standardizzate, ma sviluppate secondo le esigenze del lavoro
interno e la sensibità gestionale dell’editore, come la Giusti di Saverio
Becocci, la Primula e la Clinamen. Solo un ristretto numero di case editrici o gruppi
editoriali hanno, o possono permettersi di mantenere, un archivio storico,
cioè una specifica struttura dedicata alla conservazione permanente della
documentazione. In particolare, ne sono dotate: Giunti, Giusti, La Nuova
Italia, Le Monnier, Nistri Lischi, Olschki. Le loro serie documentarie sono
state dichiarate di notevole interesse storico e notificate da parte della
Sovrintendenza ai beni archivistici per la Toscana, a conferma del valore
culturale delle carte possedute dalle imprese editoriali. Alla diffusa mancanza dell’Ufficio Archivio nella
maggioranza delle case editrici supplisce a volte il titolare dell’impresa
che si preoccupa di organizzare la testimonianza dell’attività svolta. Come
per l’attività produttiva, anche nella conservazione della memoria
documentaria è l’editore stesso l’attore principale, da una parte
personificazione vivente della memoria storica della casa editrice, dall’altro
responsabile della conservazione dei documenti ritenuti di maggiore
importanza, delle testimonianze delle relazioni, delle attività svolte, in
altre parole dei “cimeli” dell’azienda. In merito ai sistemi di archiviazione abbiamo rilevato
che la metodologia prevalente è quella di organizzare i documenti in
fascicoli intestati alla singola pubblicazione con un unico ordinamento
alfabetico. All’interno di essi sono inserite le carte relative alla fase
progettuale e quelle attinenti alle fasi di lavorazione del libro; parte
della documentazione, in particolare le bozze, viene scartata dopo la stampa
del prodotto. Nei fascicoli sono conservati anche i contratti di edizione, i
contratti di stampa con le tipografie e le recensioni. I carteggi con gli autori
e i collaboratori sono sempre più esigui: i rapporti avvengono per mezzo di
contatti diretti e telefonici senza lasciare traccia e il rapido diffondersi
della posta elettronica sta contribuendo a ridurre la testimonianze scritta
del lavoro di redazione del libro; delle e-mail raramente viene conservata
memoria. La posta elettronica viene assimilita nell’immaginario di molti alla
comunicazione verbale ed è vista come priva di quella concretezza e
tangibilità tipica del documento scritto, quindi caduca e limitata nella sua
esistenza. Un particolare interesse ha, invece, suscitato un altro
tipo di documento elettronico, gli impaginati definitivi delle pubblicazioni
realizzati con le tecnologie informatiche specifiche del desktop publishing. La loro archiviazione e conservazione su vari
supporti, specialmente su Cd-rom, è una pratica generalizzata e seguita con
una cura pari a quella con cui sono, o meglio venivano, trattati gli impianti
tipografici. Tale consuetudine permette agevolmente di creare banche dati
digitali dei prodotti editoriali per la realizzazione di ristampe, la
realizzazione di servizi di stampa su richiesta e, in alcuni casi, di
editoria elettronica on-line come la Florence University Press e la
Infomedia. Numerose case editrici “storiche” della Toscana hanno
subito in passato la perdita di parte della propria documentazione sia per le
vicissitudini legate agli eventi bellici della seconda guerra mondiale -come
nel caso di Belforte, Nistri Lischi, Sandron sia per calamità naturali, come
l’alluvione del 1966 a Firenze che ha colpito molte, particolarmente Le
Monnier, Giunti, Giusti e La Nuova Italia; in alcuni casi, sono stati i
fallimenti e i passaggi proprietari a provocare la dispersione delle carte
aziendali, tipico il caso della Vallecchi. Oggi, nuovi pericoli minacciano
questo patrimonio che documenta la ricchezza storica e culturale del
territorio: la mancanza, in primo luogo, di spazi idonei per la
conservazione, l’assenza di procedure di record management e di
memorizzazione della produzione documentaria digitalizzata. L’acquisizione da
parte di grandi gruppi editoriali può, inoltre, portare alla dispersione o
allo scarto incontrollato della documentazione o al trasferimento di parte della carte, come è avvenuto,
ad esempio, l per e serie archivistiche del settore varia de La Nuova Italia
che sono state estrapolate dall’Archivio originale e versate nell’Archivio
del Gruppo Rizzoli. Alcuni
archivi di aziende editoriali si trovano già conservati presso le strutture
pubbliche assieme a numerosi carteggi di personalità: se la biblioteca storica rimane
presso la casa editrice le carte d’archivio della Sansoni, dalla fondazione
nel 1873 agli anni ’70 del Novecento, sono depositate presso l’Archivio di
Stato di Firenze; gli archivi personali di Felice Le Monnier e di Gaspero
Barbèra, strettamente intrecciati alle vicende delle rispettive case editrici
si trovano presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze; il carteggio
di Ernesto Codignola, che interessano la Vallecchi e La Nuova Italia, sono
presso la Fondazione Codignola di Scandicci; le carte di Enrico Vallecchi,
tra cui una parte del carteggio con Giuseppe Prezzolini, sono conservate
dall’Archivio contemporaneo A. Bonsanti del Gabinetto Vieusseux. I nostri interlocutori hanno manifestato un generale
interesse a proseguire il rapporto con le istituzioni pubbliche e gli
istituti di ricerca sul tema della salvaguardia degli archivi. Da parte degli
editori e dei responsabili editoriali che abbiamo incontrato sono state
avanzate numerose richieste per favorire iniziative volte alla conservazione e alla valorizzazione
della documentazione, sia di sostegno economico per il riordino e per la
fruibilità delle carte storiche sia di indicazioni e suggerimenti di
metodologie di lavoro per il trattamento dei documenti correnti. Con il
censimento degli archivi degli editori toscani contiamo di aver contribuito a
sviluppare una maggiore consapevolezza del patrimonio culturale rappresentato
dalla memoria del lavoro del polo editoriale toscano e dell’importanza della collaborazione
tra pubblico e privato per la sua conservazione. Luca
Brogioni - Aldo Cecconi |
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